Marco Immordino, Filcams Cgil Roma e Lazio: i limiti della tutela della Salute e Sicurezza negli appalti pubblici del settore sanità

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30 aprile 2021
Secondo Marco Immordino, coordinatore Salute e Sicurezza Filcams Cgil Roma e Lazio, lo snellimento delle procedure d’affidamento degli appalti e dei servizi pubblici, comporterà specie, nel settore sanitario, infiltrazioni mafiose nell’economia legale. Lo afferma la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nel suo ultimo rapporto semestrale denunciando che esistono rischi concreti d’infiltrazioni soprattutto negli appalti pubblici e, la prossima erogazione di denaro pubblico a sostegno del settore sanitario, preoccupa non poco le forze dell’ordine per le note capacità delle organizzazioni malavitose di operare in forma imprenditoriale. Infatti, attraverso una “mimetizzazione” dal volto pulito, imprenditori e liberi professionisti si presentano alla Pubblica Amministrazione adottando un’azione silente che non desta alcun allarme sociale che, con notevole probabilità, a poco a poco si potrebbero sostituire al welfare. Pertanto, poiché il nostro sistema economico, già fragile nel periodo pre-covid-19, è stato letteralmente esasperato con l’avvento della pandemia, per le organizzazioni malavitose rappresenta una grande opportunità e, come afferma in una recente intervista il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri: “Dove c’è disgrazia c’è criminalità organizzata”.

La rappresentazione fatta dalla DIA di quanto realmente accade sul nostro territorio, si somma alla già difficile e complessa attività del cambio appalto nella sanità. Negli ultimi anni, infatti, si assiste a gare di appalto che prevedono sistematici tagli delle ore a parità di prestazioni, con la conseguente perdita della retribuzione per i lavoratori dovuta principalmente al fenomeno delle esternalizzazioni e del decentramento produttivo; per cui una volta vinta la gara al massimo ribasso, il consistente taglio di ore effettuato all’inizio, poi determina un’organizzazione del lavoro strutturata per stare dentro quei limiti economici, che, nel tempo, generano un degrado preoccupante in termini di condizioni di lavoro, rendendo inefficace qualsiasi azione di prevenzione sulla salute e sicurezza se non quella di denuncia e di rivendicazione.

L’evidente sottovalutazione generale della complessità della gestione degli appalti pubblici nel settore sanità, riscontra la necessità di un’urgente verifica sulle condizioni di salute e sicurezza sul territorio della nostra regione, ove insistono sempre le stesse problematiche quali ad esempio: la non puntuale consegna dei Dispositivi di Protezione Individuale adeguati per svolgimento del servizio; la mancata messa a disposizione di spogliatoi all’interno di strutture sanitarie, possibilmente da adibire a spogliatoi separati per uomini e donne, necessari per il cambio divise nel rispetto delle norme di sicurezza e di contenimento del contagio da covid-19; la non osservanza delle norme previste riguardo al tempo di vestizione e svestizione e il lavaggio del vestiario con specifico riferimento a personale impegnato nell’appalto nei servizi di pulizia/sanificazione e ristorazione essendo quest’ultime operazioni svolte nell’interesse della salute e sicurezza e dell’igiene pubblica.
Tale situazione non è una novità perché, come abbiamo detto, la tipologia di lavoro degli appalti mira essenzialmente a ridurre i costi, aumenta di conseguenza i rischi, gli infortuni e le malattie professionali e in questo scenario diventa oggettivamente difficile e complicato, garantire un adeguato livello di tutela all’anello più indifeso e debole della catena ovvero: i lavoratori.

Le caratteristiche del luogo di lavoro di un appalto, hanno una serie di fattori di rischio aggiuntivi importanti, che incidendo sulla salute e sicurezza dei lavoratori e costituiscono da sempre, una delle criticità principali nel sistema di gestione della salute e sicurezza. Per la sua natura, il luogo di lavoro di un appalto, prevede la presenza di più lavoratori provenienti da ditte diverse che devono lavorare assieme e coordinarsi con le varie attività, spesso anche pericolose e tale incrocio di attività genera i cosiddetti rischi interferenziali che, rispetto a quelli abituali di una sola attività, complicano la prevenzione e la tutela dei lavoratori che operano nell’appalto, alimentando almeno tre macro criticità: la prima è rappresentata dalle gare al ribasso imposte dalle condizioni di mercato, che come abbiamo detto, determina una cattiva organizzazione del lavoro, un uso eccessivo del lavoro straordinario, turni lunghi senza pause adeguate che generano elevata assenza per malattia. La seconda è rappresentata dalla difficoltà di vigilare il cantiere dell’appalto affinché le norme di prevenzione e salute e sicurezza siano attuate. La terza e ultima criticità consiste nella difficoltà di uniformare la cultura della sicurezza, con una conseguente scarsa sensibilizzazione e preparazione dei lavoratori e conseguente non adesione al rispetto delle norme.

Lasciare che le cose rimangano così come sono impostate oggi, senza intervenire con un progetto serio, innovativo che coinvolga in modo responsabile e proattivo anche le istituzioni, vuol dire essere complici del mantenimento dello status quo e inconsapevolmente anche del malaffare. E’ opportuno ma anche doveroso un cambio urgente di rotta, perché intervenire soltanto con politiche di denuncia e dichiarazioni di principio, da parte delle Istituzioni e dell’Organizzazione Sindacale equivale a non intervenire e soprattutto non risolvere alla radice il problema.

C’è assoluto bisogno del concorso di tutte le forze istituzionali e politiche affinché si creino più confronti, più analisi, più stimoli per promuovere iniziative concrete, perché utilizzare ancora lo schema adottato fino a oggi anche per il futuro, vuol dire farci “fregare” dalla crisi e anche dal periodo post covid-19 che verrà.
Prevenire o ridurre la portata dei rischi all’interno di un appalto, si può ma è obbligatorio implementare un sistema di gestione della sicurezza che coinvolga, in modo ragionato, il committente, le aziende appaltanti e le organizzazioni sindacali già dalle fasi antecedenti all’affidamento del contratto di appalto, valorizzando le imprese tecnicamente e socialmente affidabili con il fine di raggiungere l’obiettivo di garantire il rispetto reale delle procedure di sicurezza coordinate e condivise.

L’affidamento di lavori particolarmente complessi, come quello delle pulizie e sanificazioni, prevede rischi per la sicurezza rilevanti e presuppongono un’adeguata organizzazione qualitativamente apprezzabile dell’azienda che si aggiudicherà l’appalto. Un’efficace prevenzione, infatti, richiede un sistema di qualificazione delle imprese che rende l’acquisizione del certificato della camera di commercio e la valutazione formale della conformità di autocertificazioni assolutamente insufficiente e inefficace. Infatti, oltre al possesso dei requisiti d’idoneità tecnico-professionali delle imprese, più coerente, sarebbe introdurre anche una sorta di “patente a punti”, tramite un meccanismo di penalità, che consenta verifiche intermedie (audit), sul comportamento tenuto sull’appalto e che, allo stesso tempo, a seguito di accertate e ripetute violazioni in materia di salute e sicurezza, escluda la possibilità di esercitare l’attività imprenditoriale.

Negli appalti, infatti, si vive un paradosso: il datore di lavoro è l’organizzatore delle attività a lui affidate e sempre solo a lui è affidata anche la regia del coordinamento per la salute e sicurezza con il compito di valutare i rischi interferenziali e di stabilire le conseguenti misure di prevenzione e di protezione. Il datore di lavoro è, dunque, il solo soggetto in possesso di tutte le informazioni necessarie sulle regole e le tempistiche con cui queste interferenze si generano. Ciò comporta che altri soggetti non hanno la possibilità di valutare tempestivamente un eventuale comportamento non conforme, lasciando alle organizzazioni sindacali la denuncia delle irregolarità a incidente accaduto, con un evidente sbilanciamento a esclusivo favore delle aziende. Inoltre, non va dimenticato che le prescrizioni vincolanti sui contenuti minimi del Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI) non sono determinate e, per tanto, la discrezionalità su come deve essere composto il DUVRI, è lasciata anch’essa alla discrezionalità del datore di lavoro. Ciò, di norma, si traduce che il DUVRI non è mai elaborato come strumento costantemente rivisto con riferimento alla reale gestione ordinaria e, in questo modo, si sacrifica il criterio di efficacia dello strumento a scapito di un inutile adempimento burocratico e formale.

Intervenire già in fase preliminare, sulla definizione dei rischi d’interferenza, permetterebbe di avere una reale promozione e prevenzione degli infortuni, realizzando al contempo, una vera cooperazione e coordinamento durante l’esecuzione delle attività dell’appalto. Al contempo, offre anche la possibilità concreta di definire un approccio metodologico da utilizzare per tutta la durata del contratto, magari individuando anche una figura di riferimento, opportunatamente incaricata e formata a tale scopo, al fine di valutare in modo più agile, oltre che trasparente, la congruità del valore economico della gara durante tutto il periodo dell’appalto, nel pieno rispetto dell’articolo 26 del D. Lgs 81/2008. Senza un controllo adeguato del livello attuativo dell’attività durante la durata dell’appalto, infatti, vi è il rischio che l’applicazione della Salute e Sicurezza sul Lavoro, rimanga uno dei tanti adempimenti formali, privi di reale utilità, al già complesso e articolato terreno degli appalti.

Nella situazione attuale, quindi, definire una corretta gestione della salute e sicurezza è certamente un obiettivo raggiungibile solo se s’instaura un continuo e rigoroso rispetto da parte di tutti gli attori coinvolti delle regole esistenti. E’ ormai chiaro che la partecipazione attiva di tutti i soggetti può portare a un ambiente interno ed esterno al luogo di lavoro più salubre che potrebbe contribuire anche a ridurre gli infortuni e le malattie professionali. Inoltre, l’appalto potrebbe funzionare correttamente se si costruisse un sistema di vigilanza (es: audit di terza o seconda parte, Osservatorio Regionale) capace di intervenire su gli effetti negativi, derivante dell’abuso dagli aumenti dei ritmi e dei carichi di lavoro, di ore straordinarie; probabilmente in tal modo, si neutralizzerebbero tutti quei comportamenti che vanno a massimizzare i profitti con comportamenti spregiudicati e irrispettosi delle regole e dei diritti dei lavoratori riducendo al contempo anche gli incidenti, gli infortuni e le conseguenti assenze per malattia.

Occorre trovare un punto di equilibrio tra “lavoro in appalto” e “tutela della salute e sicurezza” oggi troppo sbilanciato in favore del profitto delle aziende. Le politiche del lavoro non hanno tenuto il passo con i cambiamenti che hanno interessato i luoghi di lavoro dell’appalto e ciò ha indebolito i sindacati e i diritti dei lavoratori. La riduzione del potere contrattuale dei lavoratori ha permesso a imprese e organizzazione malavitose di avere il sopravvento nel mercato del lavoro con effetti negativi su salari e condizioni di lavoro. Il sindacato, oltre ad avere mancanza di competenza specifica sul tema salute e sicurezza, non ha quella forza compensativa capace di contrapporsi alle logiche degli appalti e la sua impotenza, altera l’equilibrio dei poteri economici e politici, lasciando libertà d’azione a chi persegue il malaffare.

Durante la pandemia, per la gestione delle problematiche di salute e sicurezza legate al covid-19, è stato imposto e applicato il metodo concertativo. Allora perché non utilizzare lo stesso approccio concertativo anche per individuare adeguate misure di prevenzione rispetto ai rischi generati negli appalti sulla sanità, coinvolgendo, ognuno per la propria parte, Istituzione, stazione appaltante, appaltatore e organizzazione sindacale? In quest’ottica, potrebbe essere utile e strategico ricorrere al metodo concertativo adottando una legge regionale e che sia esigibile ai cambi di appalto specifico per gli appalti sulla sanità teso a individuare nuove e idonee misure di prevenzione per i lavoratori.

In conclusione, la salute e sicurezza negli appalti è ancora un foglio bianco che attende di essere colorato dei diritti di cui necessita e non può essere contrattata. Dobbiamo fare in fretta, però, ciò che si decide non si deve fare domani ma oggi. Perché ogni ritardo vuol dire favorire il malaffare e le condizioni disgraziate in cui versano i lavoratori.

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