Il collettivo di lavoratori e lavoratrici indiani “Ek noor” incontra il Ministro del Lavoro Orlando per raccontare le proprie esperienze di sfruttamento e di lotta, e avanzare alcune proposte concrete di contrasto

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19 aprile 2022

Siamo venuti ad incontrare il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per riportare le testimonianze dirette di noi lavoratori e lavoratrici indiani del collettivo “Ek noor” (“Uguaglianza”). Sono testimonianze di condizioni di sfruttamento, emarginazione, razzismo, discriminazione che ancora persistono nonostante tutti gli sforzi compiuti”, dichiara Harbhajan Ghuman. Un incontro cordiale e attento, organizzato dal Collettivo di lavoratori e lavoratrici indiani in Italia insieme a Tempi Moderni, mediante il suo presidente Marco Omizzolo, e a Paolo Masini, presidente di Roma BPA a cui il Collettivo esprime tutta la propria riconoscenza.

L'incontro ha permesso ad Harbhajan, Mamta, Ankar e a Balbir, di raccontare le vicende di sfruttamento, tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo, caporalato, grave sfruttamento a cui ancora migliaia di lavoratori e lavoratrici spesso immigrati sono obbligati quotidianamente a vivere soprattutto nel settore agricolo.

Non abbiamo voluto criticare l'Italia – afferma ancora Harbhajan – ma ricordare che lo sfruttamento non è terminato e che non è principalmente un problema di leggi dello Stato, che invece a partire dalla 199/2016 in questo Paese ci sono e funzionano bene, ma di leggi imposte dal padrone dentro le sue aziende per i suoi esclusivi interessi e profitti. Il problema è che molti padroni italiani ci fanno ancora lavorare 13 o 14 ore al giorno, domenica compresa, ci obbligano a dire, in caso di controlli, che non ci sono problemi da denunciare, ci spingono a prendere ancora sostanze dopanti per lavorare come schiavi, come oppio, antispastici e metanfetamine, al solo scopo di reggere le fatiche imposto dal padrone, che esiste un commercio criminale di alloggiative, residenze, certificazioni false che arrivano a costare, per gli immigrati che ne hanno bisogno, anche 2.000 euro a tutto vantaggio di alcuni criminali indiani e italiani truffatori. Io ascolto storie di questo genere da vent'anni e questa è stata un'occasione fondamentale per presentare al ministro Orlando le nostre battaglie ma anche alcune proposte fattive contro lo sfruttamento derivanti dalla nostra diretta esperienza. Bisogna inoltre stare molto attenti a finti capi e finti presidenti indiani perché sono millantatori che cercano solo di far crescere il loro potere di rappresentanza e visibilità per egocentrismo e per profitti illeciti. Questi uomini tradiscono il sikhismo e prendono in giro gli italiani anche quando organizzano finti scioperi e finte manifestazioni. Bisognerebbe indagare sugli incidenti sul lavoro, mortali e non solo, che questi soggetti prendono in carico e su cosa prendono dai padroni dopo che hanno denunciato lo sfruttamento nelle relative aziende per mettere tutto a tacere o perché a certe brutte aziende in odore di mafie non dicono mai nulla”.

Dello stesso avviso Mamta, che ha ricordato “le condizioni di sfruttamento ed emarginazione di molte donne immigrate impiegate in agricoltura costrette ad esempio a non parlare la lingua d'origine appena varcato il cancello aziendale, o le molte ore di lavoro quotidiano svolte all'interno di alcune aziende con la possibilità di andare in bagno solo due volte, o i molti mesi in cui io stessa ho lavorato e non sono stata pagata in quanto donna e immigrata. Ho visto ragazze indiane minorenni lavorare per mesi senza essere mai pagate e incidenti gravissimi alle lavoratrici indiane mai denunciati ma nascosti per esempio riportando l'infortunato a casa propria, togliendole il grembiule del lavoro con una maglietta qualsiasi e minacciandola che in caso di denuncia sarebbe stata licenziata dentro l'azienda”. Esperienze e analisi prodotte recentemente con uno studio dettagliato dalla ong WeWorld.

Toccante l'intervento di Balbir, primo lavoratore indiano ad ottenere un permesso di soggiorno per motivi di giustizia dopo aver denunciato e mandato sotto processo il suo datore di lavoro di Latina che lo ha segregato e sfruttato per 6 anni riducendolo in stato di schiavitù. “Ho lavorato per 6 anni, sono stato minacciato di morte, picchiato, ho vissuto dentro una roulotte senza avere corrente elettrica, acqua pulita e gas. Mi nutrivo rubando quello che il padrone gettana alle galline e al maiale ma ho sempre creduto nell'Italia e nella giustizia. Per questo ho denunciato il padrone e la sua famiglia per tutto quello che mi hanno fatto passare, e ora voglio testimoniare che dallo sfruttamento si può uscire ma bisogna appoggiarsi su professionisti seri con una lunga esperienza sul campo e avere fiducia nelle forze dell'ordine che in provincia di Latina sono di grande professionalità e valore. Proprio io lo posso dire con cognizione di causa, perché li ho visti all'opera e mi hanno salvato la vita. Mi riferisco in particolare, per la mia esperienza, al Comando provinciale dei Carabinieri. Bisogna fermare ogni speculatore, ogni sfruttatore, difendere le donne quando sono al lavoro e anche dentro le loro famiglie dove troppo spesso vengono malmenate dai loro mariti, bisogna tradurre i contratti di lavoro nella lingua dei lavoratori stranieri per fargli comprendere i diritti che hanno e non solo il comando e i ricatto esclusivo del padrone e poi bisogna obbligare i padroni e segnare tutti i giorni di lavoro effettivamente svolti nell'arco di un mese e non solo 3, 4 o 10. Infine bisogna riformare le conciliazioni che troppo spesso vedono noi braccianti soccombere, per come sono organizzate oggi, sotto il ricatto e la pressione del padrone e di qualche conciliatore corrotto. Su questa ultima proposta dobbiamo fare un grande lavoro insieme perché non si facciano più conciliazioni ad 1 euro o a 10 euro bonificando mancate retribuzioni per diverse migliaia di euro”.

Infine Ankar ha raccontato la sua incredibile storia di ragazzo minorenne partito dal Punjab mediante un trafficante indiano e giunto in Italia al termine di un viaggio durato 4 anni e aver pagato oltre 20 mila euro. Inoltre nel suo viaggio, passato con una spola continua tra Russia, Moldavia e Serbia, è stato arrestato più volte, picchiato e umiliato. Arrivato in Italia senza documenti e soldi, è riuscito a giungere in provincia di Latina dove, grazie al progetto “Dignità Joban Singh” dell'associazione Tempi Moderni ha presentato denuncia nelle mani della Questura di Latina e ora possiede un permesso di soggiorno per motivi di giustizia e un regolare contratto di lavoro che gli consente di programmare un futuro diverso rispetto a quello a cui invece quel trafficante lo aveva destinato.

Il collettivo di braccianti indiani ha presentato al Ministro Orlando alcune proposte concrete, come la traduzione in lingua d'origine dei contratti di lavoro prima della loro sottoscrizione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici di origine immigrata, una lotta severa a tutti coloro che sfruttano la condizione di vulnerabilità e ricattabilità dei lavoratori a partire da padroni, mafiosi, caporali, trafficanti e anche sedicenti capi o presidenti mai eletti che speculano sulla buona fede dei loro connazionali, l'applicazione integrale della legge 199/2016 in tutte le sue parti e in tutto il territorio nazionale, la costituzione di parte civile del Ministero e di amministrazioni locali nei processi per caporalato, sfruttamento, riduzione in schiavitù e tratta più emblematici e significativi.

Il Ministro Orlando si è sempre dimostrato attento, ricettivo rispetto alle proposte e analisi prodotte, propenso a far seguire alle parole azioni e proposte politiche concrete contro lo sfruttamento e ogni forma di emarginazione e subordinazione riguardante l'attività lavorativa.

Al termine dell'incontro, insieme alle foto di rito, il Collettivo ha donato al Ministro una targa ricordo dell'iniziativa a testimonianza di un impegno che deve continuare insieme per restituire dignità e legalità al lavoro.
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