Il Ruanda è intoccabile, ma cannibalizza il Congo

Giornalista professionista dal 2005, si occupa di diritti umani, economia predatoria in Africa e lotta alla povertà. Ha lavorato nelle agenzie di stampa, da Agi, a Reuters ad Adnkronos.
Condividi
12 ottobre 2022

A 12 anni dal celebre e negletto Rapporto Mapping delle Nazioni Unite (oltre 600 pagine fitte di dati e testimonianze), la Repubblica Democratica del Congo è ancora nel baratro, ad un passo dalla balcanizzazione. E sempre più vicina ad una guerra esplicita con il Ruanda. Quel rapporto testimoniava già allora la violazione dei diritti umani e il continuo massacro di congolesi da parte del vicino Ruanda, che volle pareggiare i conti con gli Hutu. Ma può una vittima della Storia diventare a sua volta carnefice? Decisamente sì. Lo status peggiore al momento è quello della cittadina di Bunagana, conquistata dai guerriglieri M23, legati a doppio filo col regime di Paul Kagame, il 13 giugno scorso: siamo nel Nord Kivu, ad Est del Congo e qui la gente vive nella paura. Soggetta ad una continua minaccia di morte. «Sono più di 120 giorni, cioè più di 4 mesi, che la città, all'est della RD Congo, è occupata dal Ruanda tramite la sua milizia terrorista, M23 – denuncia l’attivista congolese John Mpaliza - Potete immaginare con quali conseguenze ma, il mondo tace. Sono 26 anni che il Paese subisce un conflitto economico alimentato dalle multinazionali e paese industriali». Oltre a Bunagana ci sono diversi villaggi appartenenti a quattro raggruppamenti diversi nelle mani dei guerriglieri dell’M23, appoggiati dal Ruanda, come accusa il governo di Kinshasa.

Reclutamento e addestramento

Una nota inviata all’Agenzia Fides dal collettivo “Pace per il Congo” afferma che «dal novembre 2021, più di 150.000 persone sono fuggite dai loro villaggi: alcune si sono rifugiate in Uganda, altre sono state ospitate in famiglie residenti in zone protette dal governo».

«E’ mai possibile che le armi dell’M23, uno dei peggiori gruppi armati legati al Ruanda, che minacciano questa regione, siano più potenti di quelle dell’Onu? Perché le Nazioni Unite non intervengono?» si chiede don Giovanni Piumatti, missionario per anni nel Nord Kivu.

«Quanti saranno questi miliziani per non poter essere sconfitti dai Caschi Blu?». Domande legittime alle quali si aggiunge quella che oramai circola di continuo tra i congolesi della diaspora, gli analisti e i missionari che conoscono meglio la situazione interna del Paese (ossia tutti coloro che ci vivono o ci hanno vissuto): perché nessun Tribunale sanziona il Ruanda? Il piccolo Ruanda è intoccabile, dicono. L’ipotesi dei missionari come Piumatti e dei rifugiati politici come Pierre Kabeza, laureato in biologia, insegnante in Congo fuggito in Italia perché minacciato di morte, è che «nessuno voglia seriamente risolvere il rebus congolese e toccare Paul Kagame, parlando esplicitamente di genocidio contro i congolesi, perché questo comporterebbe una presa di posizione troppo drastica nei confronti dell’attuale presidente del Ruanda, che mise fine al genocidio ruandese». Toccare il Ruanda è come «toccare Israele, sono considerati vittime della Storia e quindi non giudicabili», dice don Piumatti. «Sono 27 anni di silenzio e di impunità, sotto gli occhi della comunità internazionale – denuncia da anni anche l‘attivista congolese John Mpaliza – Tutte le persone che dovevano sapere, ora sanno. La comunità congolese sta organizzando molte iniziative, il Parlamento europeo ha fatto una proposta di risoluzione che chiede ai Paesi di fare in modo che l’Onu riprenda il rapporto Mapping e che le raccomandazioni siano messe in atto».

Leggi anche