Intervista al nuovo Capo dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, Bruno Giordano

PhD in sociologia, presidente della coop. In Migrazione e di Tempi Moderni a.p.s.. Si occupa di studi e ricerche sui servizi sociali, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata.
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29 agosto 2021

Qual è il compito specifico che come nuovo Capo dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro si sente di assumere?


“Senza alcun dubbio quello di applicare e di far applicare le leggi sul lavoro, ad iniziare dagli artt. 1 e 3 della Costituzione che fondano la Repubblica sul lavoro, sicuro e dignitoso, e sull’uguaglianza e sulla partecipazione dei lavoratori alla vita del Paese. In questi anni il lavoro è cambiato, si è digitalizzato e remotizzato, ma abbiamo ancora seri problemi di tutela e sicurezza, diffusi su tutto il territorio nazionale, in vari settori produttivi. Per questo occorre completare l'operatività dell’Agenzia unica, con i nuovi ispettori che stanno per essere assunti e con le banche dati in rete con gli altri soggetti istituzionali preposti ai controlli”.

Lavoro nero, sfruttamento, caporalato, peraltro in vari settori produttivi, grave stato di insicurezza sul posto di lavoro, continuano ad essere una piaga grave per questo Paese.


“Abbiamo un morto ogni otto ore e un infortunato ogni 50 secondi. I dati sono costanti: dai nostri controlli risulta che 85% delle aziende ispezionate ha lavoro irregolare, significa che di regola non c'è sicurezza. Bisogna applicare le norme sulla sicurezza del lavoro e per questo ci vogliono controllori preparati, tecnici, formati sul lavoro del terzo millennio, che aiutino le imprese a valutare rischi, soprattutto le PMI, dove si verifica gran parte degli infortuni. Questo ci impone di stare vicini alle imprese se vogliamo salvare i lavoratori”.

Come far coincidere legalità e giustizia sociale in un Paese in cui, nel solo settore agricolo, ogni anno si stimano circa 450 mila persone variamente sfruttate? Peraltro alcune di queste sono anche minori e questo rende il fenomeno ancor più drammatico


“I numeri, la qualità e le linee delle inchieste dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro dimostrano che legalità del lavoro e giustizia sociale coincidono; le competenze del personale ispettivo servono al lavoro ma anche a garantire un percorso di sostegno dei minori verso la libertà dallo sfruttamento e il diritto di accedere a qualsiasi grado di formazione scolastica, senza i quali non può esserci una democrazia matura fondata su un lavoro giusto e dignitoso”.


Persiste un dibattito in Italia, secondo noi surreale e pericoloso, sull'efficacia o meno della legge 199/2016. Qual è la sua opinione? E cosa fare ancora perché giustizia sociale, lavoro sicuro e democrazia prevalgano su qualunque interesse criminale?


“Lo sfruttamento non è solo in agricoltura, in questi cinque anni di applicazione la legge 199 ha fatto emergere approfittamento di lavoratori in stato di bisogno in molti settori, dall'edilizia, alla logistica, alle piattaforme digitali. Evidentemente si tratta di un dato strutturale dell'economia del lavoro, della domanda e offerta di lavoro che sfugge ad ogni regola dello stato sociale. Ripristinare le regole è il primo atto necessario per avere una democrazia degna di un Paese civile. E non basta fare indagini e cogliere in flagranza qualche datore di lavoro, occorre occuparsi dei lavoratori e delle lavoratrici sfruttate, post factum. Dobbiamo offrire assistenza legale, abitativa, sanitaria. Oggi ci sono varie iniziative pubbliche e private, da coordinare”.

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