Tigray: a Ginevra l’Etiopia cerca di affossare l’inchiesta Onu

Giornalista professionista dal 2005, si occupa di diritti umani, economia predatoria in Africa e lotta alla povertà. Ha lavorato nelle agenzie di stampa, da Agi, a Reuters ad Adnkronos.
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02 marzo 2023

È entrata nel vivo la 52esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, in corso dal 27 febbraio al 4 aprile prossimo.

Molti i temi all'ordine del giorno, decine le 'revisioni periodiche' sullo stato di avanzamento dei diritti umani nel mondo, che riguardano anche una parte dei 47 Paesi membri del Consiglio (13 sono africani, 8 latino-americani, 7 europei e sono eletti a rotazione).

Tra tutti spicca, oltre al documento sull'Ucraina (e un focus su Cina, Afghanistan e Mali) un dibattito sul conflitto nel Tigray, con le relative responsabilità degli eserciti etiopico e tigrino (ma anche eritreo), nella violazione dei diritti umani al nord dell'Etiopia.

«L’Ucraina è oggi in prima linea, ma non dimentico tutti i drammi umani di cui questo Consiglio si sta occupando - ha detto in apertura dei lavori Ignazio Cassis, capo del Dipartimento federale degli affari esteri svizzero - Osserviamo ancora un divario tra gli impegni presi dagli Stati e la realtà»

L’immenso e affossato dramma della popolazione tigrigna è presente tra le pagine dei documenti in agenda e sarà discusso nella sessione dedicata ai Paesi dell'Africa orientale e Corno d'Africa durante la prima settimana di marzo. Ma dietro le quinte si muove un’operazione diplomatica che potrebbe portare a chiudere un’importante indagine in corso sul campo prima del tempo. Di cosa si tratta?

«Quanto alla pace nel Tigray - ci scrive una fonte missionaria da Addis Abeba - le armi tacciono ma sembra non essere una pace duratura, perche’ le forze eritree sono ancora nel Tigray».

Il punto in effetti è proprio questo: la guerra nel Tigray, ufficialmente terminata il 3 novembre 2022 con un accordo di 'cessate il fuoco' a Pretoria tra il Tigray People’s Liberation Front e il governo etiope, continua per via dello 'sconfinamento' nel Tigray delle truppe eritree alleate degli etiopi.

Il mandato affidato ai soldati eritrei è quello di eliminare i guerriglieri del Fronte di Liberazione del Tigray (TPLF), attaccandoli nel loro stesso territorio per conto dell'Etiopia.

E proprio per bloccare l'inchiesta in corso, avviata dalI'International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia (ICHREE) delle Nazioni Unite, in queste ore sarebbe in corso un tentativo di dissuasione da parte del governo di Addis Abeba.

A lanciare l'allarme è ancheHuman Rights Watch che scrive al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite riunito a Ginevra, firmando la lettera assieme ad una serie di sigle e associazioni della società civile.
«Siamo allarmati per l'annuncio fatto lo scorso 15 febbraio dal vice primo-ministro d'Etiopia (...) che intende presentare una risoluzione alla sessione in corso a Ginevra dello Human Rights Council delle Nazioni unite, per metter fine al mandato dell'ICHREE in Etiopia».

Addis Abeba sosterrebbe una mozione che mira a concludere prima del tempo l'inchiesta sulle atrocità perpetrate nella regione del Tigray, affossando di fatto l’unica indagine che può far luce sulle reali responsabilità dell’Eritrea e del suo alleato Aby Ahmed. Il timore è che possa avere i numeri per farlo.

La notizia della bozza di mozione che gira tra i diplomatici, è stata rivelata da un'anticipazione di stampa dell'agenzia Reuters e confermata da diplomatici statunitensi.

La guerra in due anni ha fatto circa 600mila vittime e ha ridotto alla fame un’intera popolazione.
Proprio due giorni prima che fosse firmato il 'cessate il fuoco' altri 300 civili nel Tigray - tra i quali un bimbo di sette anni con sua mamma - sono stati ammazzati dalle truppe eritree in una decina di villaggi, come ritorsione per una sconfitta militare subita.

Gli stessi sopravvissuti al massacro lo hanno riferito ai funzionari delle Nazioni Unite, come riporta un approfondito report delWashington Post. (clicca qui).

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