Da Popoli e Missione: dati inediti rivelano che dopo il 7 ottobre 2023 l’Italia ha venduto a Israele materiali chiave per esplosivi e armi nucleari, spacciandoli come civili. Ecco come.
Lo rivela l’ultima inchiesta del mensile Altreconomia, dal titolo “Altro che Food for Gaza”, presentata durante una conferenza al Senato l’8 luglio scorso. (qui la registrazione)
«A Gaza le demolizioni attraverso l’utilizzo di esplosivi sono state sistematiche e strategiche e nel 2024 l’Italia ha inviato ad Israele 140 tonnellate di materiale detonante, un quantitativo maggiore di quello inviato dagli Usa», ha spiegato Elisa Brunelli, giornalista di Altreconomia e autrice dell’inchiesta.
Si tratta di nitrato d’ammonio con tenore di azoto superiore al 34%. La sostanza chimica è dual use: viene usata anche come fertilizzante ma essenzialmente è un esplosivo.
«I dati delle esportazioni italiane sono allarmanti per le quantità ma anche per il tempismo», ha spiegato Brunelli.
Negli ultimi anni la Spagna seguita dalla Svezia, è stato una dei principali esportatori di nitrati di ammonio ma dopo il 7 ottobre 2023 lo hanno sospeso: il flusso è stato subito compensato dall’Italia.
«Quello che abbiamo notato è che l’Italia ha iniziato a esportare subito dopo il blocco spagnolo». E la tipologia di materiale esportato si avvicina molto alla sua forma più pura.
Ulteriori approfondimenti ed un’inchiesta molto documentata hanno permesso ad Altreconomia di verificare questi dati.
Nel corso dell’incontro la giornalista di Altreconomia Linda Maggiori ha parlato dell’inchiesta di Ravenna e delle triangolazioni “perfette” che l’Italia usa per riuscire ad esportare armi a Paesi in guerra, come per l’appunto Israele.
Tredici tonnellate di forgiati in ferro, etichettati come civili, sono stati bloccati dall’Agenzia delle dogane, il 4 febbraio scorso al porto di Ravenna.
Questo carico andava ad Israele e in particolare all’Israel Military system.
Ma chi li ha prodotti?
Apparentemente il carico proveniva dalla ditta Valforge ma questa non è una ditta che produce componenti militari, ha spiegato Maggiori. Chi li ha prodotti allora e come sono stati caricati?
«Le due aziende produttrici sono iscritte nel registro nazionale aziende che operano nel settore armamenti: la Stamperia Mazzetti e Riganti. Ma il carico sarebbe stato bloccato, per via della legge 185 e perciò è avvenuta «una triangolazione con una ditta civile».
Durante la presentazione in Senato anche la testimonianza di palestinesi rifugiati in Italia, come quella di Islam Abu Warda che ha rivolto un appello al mondo.
«Veniamo da Gaza e siamo scappati non per paura ma per trovare cure mediche.
Ora siamo qui, lontani da casa e con tanto dolore. Vogliamo tornare a casa quando sarà libera!
Noi non vogliamo lasciare la nostra vita: il popolo di Gaza sta soffrendo molto e questa non è una guerra», ha detto Warda.
«Ascoltateci, non ignorate la nostra voce, sosteneteci!».
«Non è stata data la possibilità alla popolazione di Gaza di proteggersi: altro che food for Gaza!», ha denunciato in chiusura l’attivista e cooperante Meri Calvelli, di ACS Italia.
«Non è entrata neanche una scatoletta dentro Gaza da parte del governo italiano, ma sono invece entrate le armi, come dimostrano queste inchieste», ha concluso Calvelli, precisando che si riesce a far uscire dei «casi sanitari» da Gaza ma sono davvero molto pochi.
E il nostro governo si intesta meriti che essenzialmente non ha.