Giorgia Meloni nutre una profonda convinzione sulla fusione nucleare mentre Matteo Salvini già tre anni fa aveva invitato i Giovani della Confindustria a costruire la prima nuova centrale nucleare italiana a Milano, nel quartiere Baggio, vicino a casa sua. Fautori incalliti del nucleare sono anche quelli di Forza Italia, in primis con il duo Tajani-Fazzone. Quest’ultimo assai noto in provincia di Latina, per via di vicende giudiziarie varie. Come, quando e con quali costi dovrebbe ripartire l’energia atomica in Italia nessuno lo dichiara apertamente. Forse perché bisognerebbe trovarle mettendo le mani nelle tasche degli italiani, oppure tagliando il welfare, la sanità pubblica, i sussidi per i disabili o chiedendo sacrifici ai lavoratori pubblici italiani aumentando loro la tassazione.
Certo, sul tema restano profonde ambiguità, come anche problemi economici, ambientali e politici tenuti astutamente nascosti per non generare allarme nella popolazione italiana. solo per citarne una delle ambiguità su questo tema, si potrebbe ricordare che il Ministro Salvini aveva già bocciato l’investimento di denaro pubblico nella sturt-up Newcleo Ltd proposta daiministri Urso e Picheto Fratin. L’ipotesi era di spendere 200 milioni di euro per acquistare il 27% della società che dovrebbe realizzare i primi mini reattori nucleari in Europa e che ha tra gli azionisti la Exor Seeds (sede in Olanda) che fa capo al gruppo Stellantis della famiglia Agnelli. Le ragioni dell’opposizione a questo “affare” vanno tutte indagate.
All’inizio di febbraio è stato trovato l’accordo tra Enel, Ansaldo e Leonardo (tutte controllate dal Ministero dell’Economia a guida di Giancarlo Giorgetti) per l’implementazione degli SMR - Small Modular Reactor– sviluppati interamente su tecnologia “nostrana”. Che senso ha dare al privato centinaia di migliaia di euroquando abbiamo già una società pubblica - dice il Vicepremier del governo e leader indiscusso della Lega.
Il problema però resta quello di sempre: senza il denaro pubblico apportato dai governi e/o dalle società da questi controllate, nessun soggetto privato puòavventurarsi nell’impresa nucleare: tutte le centrali nucleari operative e ormai dismesse al mondo hanno infatti avuto questa garanzia.
Ne sa qualcosa il creatore di Microsoft Bill Gates che da 15 anni sta tentando di sviluppare il suo progetto TerraPower. Solo il 10 giugno dello scorso anno a Kemmerer, nel Wyoming, è stato dato l’avvio alla costruzione dell’impianto dimostrativo Natrium, che però è destinato a verificare l’ipotesi sperimentale di un refrigerante, il sodio liquido, che dovrebbe garantire la sicurezza di un reattore ancora di là da venire. In una recente intervista Gates ha ammesso di aver ricevuto dal governo degli Stati Uniti soldi per i costi di progettazione e la licenza del reattore. Soldi pubblici, sia chiaro, per realizzare un business privato a vantaggio di uno degli uomini più ricchi d’America a prescindere dalle conseguenze ambientali e sociali che quest’opera potrebbe determinare.
La lezione è stata imparata anche dalla cordata delle imprese finlandesi che un quarto di secolo fa chiesero al loro governo la licenza per il terzo reattore della centrale nucleare di Olkiluoto: il primo realizzato in Europa dopo 15 anni. Approvato nel 2002 e iniziati i lavori nel 2005, la effettiva entrata in funzione dell’impianto è avvenuta solo due anni fa, con un costo che nel frattempo è salito a circa 12 miliardi di euro: quasi il quadruplo di quanto previsto inizialmente. Gli industriali hanno dato la colpa dei ritardi e dei maggiori costi alle due società incaricate della costruzione: laSiemens tedesca e la francese AREVA. Quest’ultima nello stesso periodo aveva in corso la costruzione anche del nuovo reattore di Flamanville, nel Nord della Francia. Tra debiti propri e debiti “finlandesi” AREVA ha evitato il fallimento grazie alla nazionalizzazione (con 10 miliardi di denaro pubblico) promossa dall’allora Ministro dell’Economia e attuale Presidente della Francia Emmanuel Macron.
Ci sono soldi pubblici anche nell’Ungheria di Viktor Orbán per la realizzazione di nuovi reattori nella centrale nucleare di Paks, situata sulla riva destra del Danubio. Qui però il denaro proviene dalla società nucleare russa Rosatom, controllata direttamente da Vladimir Putin. L’accordo di cooperazione tra i due presidenti sovranisti è stato siglato il 14 gennaio 2014: più o meno quando lo stesso Putin si apprestava a invadere la Crimea. E forse non è soltanto una coincidenza.
Ovviamente, non poteva non essere della partita Donald Trump. Insieme alle terre rare, infatti, nel suo elenco sulle acquisizioni unilaterali, si è dichiarato disponibile a prendere in gestione la centrale nucleare di Zaporizhiain cambio dell’annullamento dei debiti per le forniture militari USA al governo di quel martoriato paese.
Dunque, il ritorno al nucleare s’ha da fare, secondo questo governo, ma chi poi pagherà il conto non s’ha da dire. Perché a pagare il conto saranno ancora i soliti ladri noti: la popolazione e l’ambiente. Ma di questo è bene che non si parli. Meglio parlare di guerra e deterrenza mediante il ritorno al nucleare che fa tanto consenso e aiuta a pacificare la popolazione a vantaggio dei progetti nuclearisti dei ricchissimi speculatori mondiali.