Intervista a Giuseppe Pontecorvo, capo della Squadra Mobile della Questura di Latina

PhD in sociologia, presidente della coop. In Migrazione e di Tempi Moderni a.p.s.. Si occupa di studi e ricerche sui servizi sociali, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata.
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31 agosto 2021

La storia criminale e mafiosa della provincia di Latina è complessa. Inchieste e processi hanno dimostrato l'esistenza e permanenza nel territorio di tutte le principali organizzazioni mafiose. Qual è la situazione oggi secondo Lei con riferimento alla presenza mafiosa e quale la sua originalità?

“La particolare posizione geografica in cui è collocata la provincia di Latina, costituita da un territorio confinante a sud con la provincia di Caserta e a nord con la periferia della capitale, suscita da sempre gli interessi della criminalità organizzata, nel corso degli anni le inchieste susseguitesi hanno dimostrato la presenza di gruppi criminali riconducibili a tutte le matrici delle criminalità organizzata storica. Nell’area del capoluogo, invece, per la prima volta è stata riconosciuta da sentenze ancora però non definitive, l’esistenza di un’associazione mafiosa “autoctona”, non legata ad altri gruppi criminali.

In tale direzione, le successive indagini, condotte dalla Polizia Di Stato e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che si sono avvalse anche delle dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia del posto, stanno provando a far luce sull’organigramma e le attività illecite di agguerriti gruppi criminali, di etnia Rom, che da anni hanno imposto il loro dominio sulla città di Latina. Si tratta di organizzazioni che hanno una struttura piramidale solidissima, imperniata non soltanto sui legami familiari, attive soprattutto nel settore dell’usura e dell’estorsione oltre che nella gestione delle piazze di spaccio.

In questo contesto, le inchieste sembrano evidenziare da parte di tali clan l’utilizzo di un metodo tipicamente e tradizionalmente mafioso, caratterizzato dalla prospettazione di ritorsioni, dal riferimento esplicito ad un clan di appartenenza, dall’affermazione di un controllo del territorio, anche attraverso azioni intimidatorie, da cui deriva il potere di imporre il “pizzo”, la protezione sia ad attività commerciali che a privati”.

Le mafie sono spesso in collegamento con la politica e con settori della P.A. e dell'imprenditoria. Questa loro capacità di tessere relazioni e di entrare, a volte direttamente, nelle istituzioni, continua a valere ancora oggi, secondo Lei, per questo territorio?


“Le finalità di un’associazione mafiosa spaziano dalla classica realizzazione di un programma intrinsecamente illecito, come la commissione di delitti, fino al perseguimento di obiettivi in sé leciti, come la gestione ed il controllo di attività economiche, appalti e servizi, ovvero il procacciamento di voti in occasione di consultazioni elettorali.

Un profilo che sembra caratterizzare alcune recenti inchieste è proprio quello relativo alla capacità di parte di taluni cosiddetti “colletti bianchi” di relazionarsi con appartenenti al mondo della criminalità organizzata, avvalendosi in questo caso della forza di intimidazione derivante dall'appartenenza di tali soggetti ai clan autoctoni di natura mafiosa operanti sul territorio di Latina.

Solo a titolo esemplificativo, si è rilevato come politici ed imprenditori sarebbero ricorsi all’utilizzo del metodo mafioso per risolvere contrasti con altri imprenditori o accaparrarsi pacchetti di voti”.

Nel corso degli ultimi anni si sono accesi i riflettori sul fenomeno del caporalato e delle agromafie. Il settore agricolo, fondamentale per l'economia pontina e non solo, merita di essere bonificato da interessi e pratiche criminali (sfruttamento, inquinamento, caporalato, riciclaggio...). Sulla base della sua esperienza quale è lo stato delle cose rispetto al caporalato pontino?


“In questa provincia il mondo agricolo rappresenta una ricchezza e può vantare tantissime aziende sane, il caporalato però rischia di danneggiarne l’immagine. Per questo, negli ultimi anni, è stata condotta dalla magistratura e dalle forze dell’ordine un’attività di contrasto allo sfruttamento e l’inquinamento senza precedenti. In particolare, indagini della Polizia di Stato hanno documentato la corresponsione di retribuzione orarie pari a 4 euro all’ora, l’imposizione dello svolgimento di 10 ore di lavoro consecutivo senza la previsione di pause, la formalizzazione di un numero di ore di lavoro o giornate lavorative nettamente inferiori rispetto a quelle effettivamente prestate, ovvero l'impiego illecito di fitofarmaci non autorizzati nelle coltivazioni in serra.

In tale contesto, vi sono recenti inchieste coordinate dalla Procura di Latina che hanno provato a far luce su un sistema volto a favorire l'immigrazione clandestina con richieste di denaro, falsi documenti, corruzione. Rimangono pertanto alte le attenzioni investigative affinché queste condizioni di sfruttamento non si rivelino prassi diffuse: bisogna però puntare a fare squadra e, come si sta facendo, far convergere gli interessi di tutte le parti sociali, delle associazioni datoriali e dei sindacati, per combattere insieme un fenomeno che non è mai sopito e rischia di continuare ad inquinare l’economia”.

Esiste secondo Lei una forma di racket o di pratiche estorsive compiute da criminali o da organizzazioni mafiose nei confronti di imprenditori agricoli pontini?


“Non abbiamo evidenze investigative in questa direzione, ma qualunque interpretazione minimalista rischia di essere fuorviante e pericolosa. Per questo, l’invito che rivolgo a tutti è denunciare ogni forma di illegalità: la denuncia è lo strumento più potente che abbiamo, la sola “arma” che può, insieme alla magistratura e alle forze dell’ordine, debellare le mafie. Certo, le mafie si sconfiggono con condanne severe e pene certe, ma è anche vero che senza la denuncia dei cittadini onesti i mafiosi non si arrenderanno mai, perché sono coscienti della paura e del terrore che riescono a incutere e le utilizzano come pistole.

Troppo spesso ci rifugiamo in quegli inutili modi di dire: “tutto è inutile!”, “tanto lo Stato non c’è!”. Invece, lo Stato, anche in questo territorio, ha dimostrato di esserci, mai come in questo momento a Latina chi denuncia può scegliere di farlo, ha la possibilità di vincere la paura e sentirsi veramente libero, senza il timore di restare solo”.

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